domenica 20 maggio 2012

[Giappone] Una caramella

Sto leggiucchiando il blog di una persona che vive in Giappone: non mi va di citarlo, perché quello che m'interessa non è fare paragoni con le SUE esperienze, però quello che scrive mi fa riflettere.

Dai suoi post è abbastanza palese che, vivendo laggiù una situazione abbastanza difficile, se per alcuni lati riconosce e ama certi aspetti culturali del Giappone, per altri ha una grande insofferenza (in certi momenti mi sembra proprio esasperata).

Uno degli argomenti di cui ho letto è quello, abbastanza noto credo, per cui "i giapponesi non ti aiutano manco se stai morendo sul marciapiedi".

E' una cosa che può accadere benissimo ovunque, anche da noi ce ne sono esempi, però lì è effettivamente radicata, ammettiamolo senza drammi. Avevo sentito di altri episodi simili accaduti a gente italiana che sta in Giappone, raccontati in modo meno irritato ma comunque della stessa natura.

Ecco, l'esperienza molto particolare (per me) di cui vorrei parlare è capitata durante la mia vacanza a Tokyo nel 2010.



Furono due settimane, e lo so benissimo che non è tanto tempo, anzi, una normale vacanza (tantopiù quando devi farti dodici ore per arrivare e tornare!). Fatto sta che mi sono bastate per vedere che sì, è vero che i giapponesi sanno essere estremamente indifferenti.

Quel giorno particolare ero al Comicon: nonostante fosse l'ultimo e restassero pochissimi banchi (quasi tutti di hentai per altro <<) c'era una gran folla di appassionati e otaku (dico quelli veri, cicciotti e sudaticci), ed entrare fu abbastanza faticoso.
Descrizione di un lato negativo della situazione, prima della cosa per cui mi sono messa a scrivere:

Io ero abbastanza nervosa, e mi presi un sacco di spintoni e botte (come e più che a un normale momento di calca a Lucca).
 Non ne potevo più: a un certo punto, all'ennesima spinta, mezza di sudore (era AGOSTO, e un agosto di Tokyo in mezza alla folla vi giuro e spergiuro che non è una situaizone in cui vorreste trovarvi) e coi nervi a fior di pelle, mi girai verso il tipo che me l'aveva data e sbottai in un incazzatissimo "FUCK YOU!". Lo guardai bene in faccia, avevo addosso una bella furia e l'idea di scambiarmi un vaffanculo reciproco mi sembrava un ottimo metodo per scaricare quella stanchezza - sì, non è stata esattamente una delle mie decisioni più eleganti e adorabili - : ecco, il ragazzo (che era impossibile non avesse capito, avevo parlato a voce perfettamente udibile e scandito bene una delle frasi inglesi credo più o meno universali) MI IGNORO' COMPLETAMENTE.
Evitò il contatto visivo, guardando fisso avanti mentre io lo fulminavo, mi sorpassò e andò avanti come niente fosse. E lì non era che dovesse aiutarmi, giusto incacchiarsi un minimo per un insulto incavolato.

Ve l'immaginate se fosse successo qui? XD
Lì per lì ci rimasi quasi male, poi sbuffai tra me ed entrai.


Girai per i pochi banchi e banchetti a tema yaoi presenti per tre volte di fila, poi cominciai a sentire ancora di più il caldo e l'umidità (non se per l'ora o per la camminata rapida a quelle temperature - non c'era l'aria condizionata, strano ma vero). Ripeto: TOKYO. AGOSTO.

Mi girava la testa, avevo la fronte fradicia e mi sembrava di star per crepare lì.
Mi accasciai contro una colonna con la testa su un braccio (i miei compagni ita di viaggio erano in giro, altrimenti so che con tutti i loro difetti una mano me l'avrebbero data). Tempo mezzo minuto e arrivarono due adorabili, asciuttissime e sorridenti giovini hostess (si dice così anche per le fiere, vero? °.°), che dovevano avere poco più di me.
Mi fecero capire a gesti se era proprio richiesto che mi alzassi, perfavorissimo ^______^

Lo feci, senza dire una parola e con una faccia che credo parlasse da sé XD

Non feci in tempo ad allontanarmi dalla colonna, dopo che le due hostess erano andate via, che una ragazza giapponese che come me doveva avere una ventina d'anni o giù di lì, borsina al braccio e tutta sorridente (lei era una cliente però, quindi penso proprio sorridesse di suo e non per contratto), passò a tipo un metro da me.
Perse la presa sulla borsa, che cadde a terra facendo uscire tutto il contenuto sul pavimento.


Ora: in qualunque paese del mondo potrebbe accadere che davanti a una situazione simile tutti se ne freghino. Io rimasi immobile per un momento, perché avevo paura che per cultura trovasse impiccione che andassi ad aiutarla.
Poi, mentre la guardavo inginocchiata a terra a raccattare tutte le sue cose e rimetterle in borsa decisi "CHISSENEFREGA" e mi misi a raccogliere gli oggetti con lei.

Lei disse qualcosa in giapponese che non capii, ma non smise di sorridere e continuò a raccogliere alla stessa velocità (cioè normale, non più in fretta o cose del genere come se fosse in orribile imbarazzo). La cosa - per me bellissima- fu che dopo un momento che ce ne stavamo lì per terra tutte e due, con la coda dell'occhio vidi un'altra ragazza giapponese fermarsi a poca distanza da noi e guardarci. Dopo un momento di esitazione (tipo me pochissimo prima, credo), si chinò a sua volta e ci aiutò a finire. La ragazza a cui era caduta la borsa le disse qualcosa come aveva fatto con me.

Dopo aver finito ed esserci rialzate tutte e tre, fece a entrambe un piccolo inchino e sorridendo, mentre sistemava in borsa una bustina di caramelle, ne tirò fuori due e ce ne diede una per una. Io subito feci segno di no con la testa, sorridendole per farle capire che non c'era problema, ma lei, sempre con l'espressione allegra (anche negli occhi, dico) continuò a porgermela, e idem anche all'altra ragazza (che se non ricordo male a sua volta aveva fatto segno di no all'inizio).

Io guardai la coetanea dispensatrice di dolcetti andar via, a buon passo come quando le era caduta la borsa, con la caramella stretta in mano.

Lo so che non c'era motivo, ma lì per lì mi venne un accidente di magone. Stringevo la caramellina bianca, incartata, e pensavo qualcosa tipo "visto? Ma quanto è stato bello, tutto questo? TIE' a tutti quelli che mi dicevano il contrario!".

Lo sapevo, come lo so ora, che come in tutti i paesi di questa terra un episodio singolo non cambia un dato retaggio culturale.

Ma per me quella singola caramellina era come se mi brillasse nel palmo.


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